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Un giorno a Siviglia

Un giorno a Siviglia. Dal Portogallo alla Spagna cambia tutto e siamo a un’ora di auto. Lingua, sensazioni, anima.
Siviglia è sempre bellissima! Mi stupisco ogni volta che ci passo.
Una frase di Antonio Gala recita che recita :” Il male non è che i sivigliani pensano che hanno la città più bella del mondo… il peggio è che può essere che hanno ragione”. La capitale andalusa ha veramente un “colore” speciale.
Certo ci sono città nel mondo anche più belle, ma quel che rende preziosa Siviglia è sicuramente il sole, il caldo e la gente.
E mi son bastate poche ore per riannodare ricordi. Sembra sia sempre il momento di una “Cervecita”, i bar sono frequentatissimi sempre, c’è rumore, movimento, dinamismo.
Il centro storico è enorme. C’è la cattedrale gotica più grande del mondo che non capisci mai da dove fotografare, di fianco c’è la Giralda (simbolo della città) e l’Alcazar reale (una fortezza araba costruita durante la dominazione araba in città), poco più in la c’è l’Archivio delle Indie, altro punto di interesse in città.
E poi i profumi: d’azahar (il profumo dei fiori di arancio) oppure d’incenso.

Le luci della sera, la campana della metro che passa tra vie piene di gente, il primo fresco che fa l’occhiolino con educazione all’inverno, i monumenti che si stagliano davanti, i camerieri che preparano le tapas in bar affollati fino a tardi, il rumore di un flamenco che si perde nell’aria.
Sono qui, in una città bellissima e vedo uno spoiler di Natale con il fumo che sale dai venditori di castagne e i mercatini già aperti. Sono qui, perduto e ritrovati, a chiedermi sempre perché debba partire ma poi voler tornare a casa. Per aver una scusa per ripartire domani.
“Ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo sogni, quando lo vivi e quando lo ricordi”

Ma ora son stanco, un pochino di siesta e poi si riparte!

Siviglia… e poi?

Svegliarsi in un’altra città, l’anima ringrazia.
Il volo Cagliari-Sivilla lo faccio vicino a una rumorosa famiglia di paese. Il terrore dei bimbi al decollo, il padre che provava a rassicurarli, le chiacchiere ad altra voce e i movimenti sui sedili. Una ragazzina seduta vicina a me con gli occhi tristi, ripresa al decollo dai genitori per non usare le cuffie e stare attenta alle procedure d’imbarco. Tiene quello sguardo triste per tutte le due ore, chiede di andare in bagno allo steward poi, non si sa perchè, rinuncia.
Fuori è buio, poco da fotografare. Le Airpods 2 mi isolano dal caos e dagli annunci di panini, bevande calde e fredde, lotterie e gratta e vinci. La famiglia vicino a me ulula. Con uno sguardo fulmino i bimbi e il papà che per l’ennesima volta sbattono sul sedile. Faccio la parte del cattivo, come mai accade. La ragazzina vicino mi guarda e quasi si vergogna. Sembra volermi dire, hai visto con chi cavolo devo viaggiare? Almeno tu sei solo.

Arriverò tardi e questo mi mette ansia. Ho sempre paura che non ci sia nessuno in albergo, ma poi penso che sarebbe bello vagare la notte in cerca di alloggio. Ho preso treni notturni e dormito in stazioni ed aeroporti, dov’è il guaio? Solo vincere la pigrizia e la paura.
Prendere un aereo significa risolvere nodi. Parole che non arrivano, progetti a metà, frasi che non ci piacciono. O finire libri che ti accompagnano lenti per settimane in cui trovi la tua vita tra le righe. Come la Simmetria dei desideri, consigliato da Valeria, collega del corso di scrittura Baskerville. Alla fine non ci siamo mai visti ma la sento più vicina di persone che vedo sempre. Quando arriva il momento di definire una persona amica? Me lo chiedo sempre. Quale episodio lo scatena.

22:55 le prime luci di Siviglia dall’aereo. Aspetto che l’allegra brigata scenda. Infilo le cuffie, modalità isolamento e continuo a leggere qualche minuto. Mancano dieci pagine alla fine del libro. Vorrei continuare ma capisco che tenere il kindle sulla pista non è il massimo. L’aereo parcheggia lontano, c’è da fare un po’ di strada a piedi. I voli che arrivano o vanno a Cagliari sembrano sempre nascosti e periferici nelle logiche aeroportuali. Come a dire: siamo gli ultimi.
Bienvenidos a Sevilla. Un giocatore di cui non ricordo il nome con una coppa mi strappa un sorriso. Cominciano i paragoni: quando arrivo a Cagliari pubblicità locali e autocelebrazioni miste. Due palle, ma solo per me che le vedo sempre. Immagino i turisti come si emozionino per quello spoiler di immagini e compra sardo che è buono e sano.
La fermata del bus è a due passi. Ci vogliono 40 minuti per arrivare in Plaza de Armas, e con meno di dieci minuti di cammino sarò all’alloggio.
Cerco dove fare i biglietti, trovo la macchinetta, selezionando la lingua spagnolo per togliere ruggine alla mia mediocre conoscenza. Infilo con fiducia la banconota da 5 euro, arriva il resto ma del biglietto nessuna traccia. Provo e riprovo ma il display si è già aggiornato alla pagina principale. Sconfitto, vado sull’altra macchina e riesco a stampare. Comincio il viaggio a -4 euro e mi prometto di riscrivere alla compagnia di trasporti Tussam e magari, come in passato, aver risposta positiva e poter riferire a tutti come a Siviglia e in giro del mondo il servizio clienti è efficiente. E mi metto per 4 euro? Questione di principio!
Tra venti minuti arriva il bus. La fermata si affolla e il mezzo si riempie all’inverosimile. Prendo il posto comodo dietro l’autista.
INDOSSARE LA MASCHERINA E EVITARE DI PARLARE PER MOTIVI DI SALUTE. Rido e non sono l’unico.

Siviglia è vuota. Rivedo in notturna luoghi e strade che ho già percorso, il canale Alfonso XIII, la Torre dell’Oro, la Plaza de Toros.
Scendo all’ultima fermata, Plaza de Armas, la grande stazione dei bus. Mi accorgo che nel display c’era scritto COMPLETO, SCUSATE. Mi sorprende quella parola cortese scritta in lettere digitali.
Alla stazione ci son persone sedute in attesa delle prime partenze del mattino. Qualcuno dorme, qualche altro legge. Un uomo chiede indicazioni per Cordova.
Bastano dieci minuti per arrivare al bnb Naranjo, in completa solitudine. Una vecchia pensione con un’insegna franchista, i bar con le sedie riordinate, un fast food dove gli addetti stanno facendo le pulizie e servono l’ultimo panino.
Il mio alloggio sta nel Casco Antico, il centro storico, dentro un dedalo di stradine illuminate, pulite e costeggiate da bei palazzi chiari, ravvivati dalla luce giallognola delle lampade, con ingressi con stile arabeggiante. Il rumore dei miei passi rompe il silenzio perfetto della notte andalusa. Nessuna movida, nessun bar che tira tardi.
C’è un ragazzo sui trent’anni ad accogliermi. “La stanza sta al terzo piano, ti ho dato una matrimoniale, l’unica cosa è che non abbiamo ascensore”. Nessun problema. Gli interni sono retrò, quadri terrificanti, sedie polverose, arazzi di dubbio valore, tutto è la rappresentazione degli alberghi che amo, quelli un po’ raffazzonati – solite prese attaccate a vanvera e collegamenti casuali – ma che mi illudono che il tempo non sia passato. Magia a confronto di anonimi hotel di lusso che potresti trovare in qualsiasi città e non ti raccontano niente.
La stanza non è molto spaziosa. C’è pure il bidet, e questo mi strappa un sorriso. Mi chiedo come mai, non ho voglia di approfondire questa curiosa novità.
Vorrei dormire, ho la sveglia alle sette e mezza, ci riesco a tratti: una malefica spia del televisore mi tiene sveglio. Non ho la forza di prendermi la benda per gli occhi, mi rintanano nelle coperte. La spia azzurra continua a infastidirmi. Prima o poi scriverò un trattato sulla mancanza di buio nelle stanze d’albergo.
La mattina anticipo la sveglia. L’ansia di perdere l’autobus mi dà questo effetto ansiogeno. Scendo veloce con il solito anticipo esagerato, la stazione sta a mezz’ora di camminata. Controllo e ricontrollo il biglietto: strano che il bus non parta da Plaza de Armas. Le ricerche su google confermano: parte da Santa Justa. Metto Google maps e calcolo i tempi e come incastrare la colazione, quasi fossi in ritardo. Mi stresso inutilmente pensando di farla non appena mancheranno meno di dieci minuti.
Siviglia si sta risvegliando: fa freddo, si affollano i primi caffè, le luci del sole danno altra dignità ai palazzi del centro storico, un profumo passeggero di shisha, i ragazzi infreddoliti che vanno a scuola e i pullman che cominciano a ingoiare e vomitare gente. Ogni volta il Metropol Parasol mi fa pensare a un grande waffle. Questa bizzarra costruzione di colossali dimensioni, è la più grande in legno al mondo. Inserita nel contesto urbano rompe la narrazione.
La camminata prosegue contando con quanto anticipo arriverò. Rivedo strade e bar che ho già frequentato in passato.
Mancano 8 minuti, dopo aver saltato più bar, decido che questo sarà il mio. Si chiama Siete Villas e il banconiere, con una camicia bianca e pochi capelli sui lati, mi saluta con un raggiante “bon dia” e una frase che penso voglia dire “cosa posso prepararle?”. Io ho già il copione: cappuccino, zumo de naranja e pan y tomate. Passano tre giri d’orologio e la mia colazione sul tavolo. Scrivo qualcosa. In tv le notizie del mattino girano con la possibile riforma delle imposte sui redditi. O così mi sembra. Perchè son capace di prendere granchi colossali quando traduco. Il pane soffice e riscaldato con il pomodoro è una gioia semplice che mi fa ritrovare la mia Spagna. Cerco il bagno per potermi lavare i denti. La mia lotta quotidiana con l’apparecchio è cominciata: lo spazzolino elettrico va a tratti. Mi chiedo se sia colpa della pressione che faccio sui denti o delle batterie scariche. Mi ricorda quando faccio benzina e la pompa si blocca, forse perché va a contatto con il carburante e allora si innesta questa strategia di sicurezza. Pago 4 euro e mi sembra un prezzo assolutamente onesto.
Quando esco dal bar, l’aria si è fatta meno fresca. Allora inizio a connettere che il viaggio è iniziato, leggerezza e sentirsi sempre a casa, ovunque sia. Ma anche un’altra sensazione: di esserci da molto più che poche ore. Vi è mai successo?

Arrivo alla stazione di Santa Justa. Vedo un bus solitario dell’Alsa. Mi chiedo se sia proprio quello il mio. Ricontrollo ancora. Cerco qualche gruppo di discussione sulla fermata. A destra dell’uscita della stazione. Qualche minuto e si materializza l’autista. Accende il motore e apre il bagaglio. Mostro il biglietto, mi risponde “Nicola!”e con l’ennesimo sorriso gratis mi ricorda che sono al posto 18. Mi disorienta trovare persone comunicative, vorrei uscire dal mio spagnolo elementare e cogliere le sfumature delle chiacchierate. Sono rassicurato: è il pullman giusto. Ho preso tante volte l’Alsa girando per la Spagna e mi son innamorato dei pullman. Puliti, efficienti e con costi umani. Anche questo lo è. Per chiudere il capitolo gaffe il pullman, dopo la partenza, torna in Plaza de Armas, a due passi dal bnb, dove fa un’altra fermata. Mi sarei risparmiato mezz’ora di camminata, ma va bene. Non mi sarei goduto Siviglia di mattina. Gaffe, errori, controsensi.
Il viaggio è anche questo. Arrivederci Siviglia. Prossima destinazione…

Progetto di scrittura a Cagliari con gli ospiti di Agape Sardegna

Ora si parte davvero!
Con Agape Sardegna e grazie al Comune di Cagliari cominciamo il progetto di scrittura per gli ospiti delle residenze Vita indipendente. Raccontare la città attraverso gli occhi delle persone con fragilità.
Ho sempre pensato che sia imporrante mettere a disposizione le proprie passioni per le persone.
Anche stavolta è possibile, sarà bellissimo!
Grazie Annalisa Mascia e Riccardo Moi per la fiducia e il supporto.

In piazza con #Ioapro

“Senza lavoro non c’è futuro, senza comunità non andiamo avanti”.
Sono intervenuto oggi sul palco della manifestazione #Ioapro per portare tutta la mia solidarietà personale al mondo delle imprese, dello sport, della cultura, della ristorazione e dell’intrattenimento, alle imprese e persone che oggi non stanno lavorando.

(Grazie per la foto Sonia Carta)

Ecco tutto il video dell’intervento

https://www.instagram.com/tv/CNzqlhGIOAQ/?igshid=6rytnh62q9gp

Carloforte, Mediterraneo

“Cosa posso farci, se io sono nato nel Mediterraneo?”
C’è sempre qualcosa di speciale nelle città di mare e prendere un traghetto e sentire anche solo quell’odore acro di gasolio, ferraglia e salsedine, la spuma e l’approdo in un altro luogo ti riconcilia con la vita.
Alle 18 la bianca Parrocchia di San Carlo Borromeo rintocca e i pochi fantasmi per il centro si diradano.
I bimbi tristi puntano le bici verso casa e tante piccole lucciole si perdono nelle ombre della sera. Gli anziani stanchi cominciano la camminata, i bar riordinano le sedie e chiudono i conti in cassa.
Tutto si ferma in questi angolo di Mediterraneo, lontano dalle ansie del mondo e dagli stress delle metropoli.
Resto io e pochi temerari a sfidare questo lockdown mentale. Forse solo io. Camminando per il dedalo di strade che nascondono segreti di famiglie, decifrando rumori di pompe di calore, guardando insegne curiose, menù disposti sugli angoli, chiacchierate lontane e motorini, profumi di forno a legna e venticello che solletica la pelle. A un certo punto sono davvero solo: mi siedo nei gradini e mi faccio cullare dalla magia del momento sicuro che nessuno in questo angolo di terra, tra questi scalini con ciuffi d’erba casuali, possa disturbarmi.
“Cosa posso farci, se io sono nato nel Mediterraneo?”

Slurp, la musica incontra la bellezza della Sardegna: si parte!

La musica house incontra la bellezza dell’Isola. Siam pronti a partire!

Cominceranno domenica 8 novembre alle 18:30 su YouTube (ecco il link) le dirette del progetto Slurp, presentato giovedì scorso, presso Casa Frau a Pula e patrocinato dal Comune.

Slurp mira a valorizzare la bellezza del territorio e a raccontare, con la musica house/elettronica e dei video emozionali, le grandi ricchezze della Sardegna, in un momento storico in cui l’Isola deve ancora di più farsi conoscere in Italia nel mondo attraverso modalità e codici nuovi.

4 DJ set in altrettanti luoghi speciali, per 4 domeniche consecutive, a partire dai dintorni di Pula, prima tappa del viaggio:

Insieme a me (on air il 22 novembre) ci saranno Andrea Laddo (Torre di Cala d’Ostia, domenica 8 novembre), Giacomo Busonera (Parco Polaris, domenica 15 novembre) e il duo Mr. Bizz (Laguna di Nora, domenica 29 novembre).

Il Comune di Pula ha sposato con entusiasmo il progetto, ideato insieme all’amico Matteo Carta, con cui abbiamo condiviso anche l’esperienza del Nora Summer Festival, di cui è uno dei promotori.

Siamo pronti? Ecco una piccola anteprima!

 

Giara di Siddi

In questo momento di incertezza non mi va di richiudermi a casa. Così, prendo la macchina e mi allontano dalla città.
Scopro che ci sia un’energia nei nostri territori e paesi che quasi ti mette in crisi. La avverti, la vivi, cerchi di farla tutta tua. Attimi di beatitudine da non farsi scappare quasi fossero l’ultimo treno della notte.

Ieri sono finito quasi per caso all’altopiano di Siddi, a ripescare tante cose: i ricordi da bambino, la serenità, la gioia di vivere, la dolcezza della vita agropastorale, quell’ultimo giorno che vidi mio padre in forma. Ricordi belli, sensazioni e nostalgie che non si sciolgono.

Il rumore delle pecore, il fruscio del vento, un pastore che mi raccontato il suo lavoro e la sua vita con quella semplicità che ti stupisce, le luci dei paesini all’avanzare della sera, dopo un tramonto infinito.
Cose semplici, in tempi dove l’odio e l’isteria hanno preso il sopravvento.

Preparando le vostre cazzo di autocertificazioni metteteci anche questo: il diritto a essere liberi e goderci la natura, a uscire per un motivo alto e nobile, noi stessi e la nostra vita. E questo lo dico a certi politicanti e ai loro vassalli, agli yesman travestiti da anime pie e tutti i servi che fanno parte della nostra società, con o senza medaglie, che hanno venduto la nostra dignità per due euro. Che hanno giocato a testa o croce col dolore di chi ha voce, di chi soffre, di chi obbedisce tacendo.

Distanti da tutto e da tutti, responsabili e consapevoli, ma liberi e vicini al proprio cuore e alla gente, quella vera.

Slurp!, musica house, Sardegna e amore!

Musica house e territorio! Slurp è un progetto condiviso con l’amico Matteo Carta e alcuni colleghi dj (Laddo, Giacomo Busonera, Mr Bizz) per aiutare la Sardegna in questo momento di difficoltà, attraverso il racconto della bellezza del suo territorio.

Djset in location straordinarie (nel video mi vedete in Batteria Boggi, a Nora), che diventano video da far circolare. La musica è un codice universale capace di arrivare ovunque, superare le distanze e gli steccati, di parlare a tutti. Promuovere la Sardegna ma non solo… anche farci sentire meno soli!

Siamo partiti da Pula, chissà dove arriveremo con Slurp!

Ecco il mio video promo!

Mondo della notte, the day after

The day after, anzi il secondo giorno dalla decisione del Governo di chiudere i locali da ballo lascia spazio a ragionamenti meno istintivi e più ponderati. Queste mie parole vogliono essere un contributo propositivo al dibattito, anche per abbassare certi toni registrati in rete.

L’amarezza è tanta, non solo per la chiusura delle disco in sé – che in realtà leggendo bene è un divieto al ballo come motivo dell’assembramento e una disposizione a fare altro come aperitivi e ristorazione con accompagnamento della musica del DJ o dei gruppi dal vivo – quanto l’attacco mirato, violento e ingrato al mondo della notte, come causa di tutti mali nostrani.

Un attacco che si perde, perdonate la ripetizione, nella notte dei tempi. La disco come luogo di perdizione e di crimine, le stragi del sabato notte, i crimini della notte, quando, numeri alla mano, si potrebbero snocciolare mille esempi diversi.

La domanda è: perchè sempre le disco? Perché il mondo della notte? In questi oltre vent’anni da dj e giornalista che ha raccontato questo mondo dalla mezzanotte in poi me la son sempre fatta. Come se le disco non fossero un piccolo specchio del paese. Come se nelle disco ci fossero altre umanità non riconducibili a questo pianeta, magari i nostri figli, parenti, vicini e conoscenti, ma “altre persone, altri mondi misteriosi”. Persone normali che le frequentano e ci lavorano: dallo studente che si paga l’università facendo il camerie al manutentore, dal padre di famiglia che esegue i lavori al service, dalla security agli staff bar insieme a tanti fornitori e collaboratori. Ma non voglio restar qui a dilungarmi su chi abbia più o meno colpe o a riaffermare che gli assembramenti sono ovunque. Basta girare per i social e uscire di casa per vedere che il problema di responsabilità ed educazione sul Covid-19 è collettivo. Ho visto assembramenti e zero controlli in tanti luoghi, adulti e giovani che non avevano cura di stare attenti e distanziati, irridere qualsiasi regola tronfi del proprio essere “a casa loro”. Questo non fa notizia. Ripeto, non sto qui a ribadire chi abbia più o meno colpe e fare il pubblico delatore, pur avendone documentazione, anzi lascio ad altri l’ingrato e infame compito. Le guerre tra categorie sociali ed economiche non mi appartengono.

Forse, scriveva bene Alessandro Lippi su Djmag, la disco è un “capro espiatorio comodo per accontentare morale e ipocrisia paesana“. Cancellerei anche il forse, perché ne ho la certezza. Ma attenti, questa assunzione non esula tanti locali dalla loro colpe. Indifendibili per tanti casi visti che hanno messo in secondo piano chi, e son tanti, hanno provato ad adeguarsi alle regole. Tanti son caduti nel tranello di riaprire senza mettersi il dubbio che una costante e continua violazione delle regole potesse essere accettata e durare a lungo, neanche memori del disprezzo accumulato nel tempo dall’opinione pubblica.

Oggi più di ieri al mondo della notte manca, però, qualcosa di più: la volontà di far parte della società, di essere credibili, di dotarsi di una vera rappresentanza che possa condividere e non subire le decisioni della politica, la credibilità e la voglia di essere categoria seria e presentabile e non un oggetto sconosciuto e misterioso, con i suoi mille vizi e ambiguità.

I professionisti son pochi, chi mette la faccia idem – unico a Cagliari è Nicola Schintu del Room – e quando accadono questi avvenimenti si nota fino in fondo quanto poi ci si riduca solo a sbraitate sui social o silenzi imbarazzati senza nessun passo in avanti utile e senza mai essere presi sul serio da nessuno. Il divertimento invece è un’industria, è un lavoro, è impresa da 4 miliardi di fatturato e centinaia di migliaia di posti di lavoro, non è propriamente un gioco. Questo dovrebbe essere punto di partenza.

Quali idee, allora? Creare una consulta regionale dell’intrattenimento che lavori costantemente con istituzioni e forze dell’ordine e che sia il punto di riferimento. Stilare delle regole e valorizzare il mondo della notte in maniera di diversa, come elemento di aggregazione e risorsa culturale e sociale del territorio, tutelando chi lavora onestamente. La disco può essere un veicolo di messaggi sociali ed educativi importante. Rafforzare l’idea che la musica sia un elemento cultura da difendere e tutelare in tutte le sue forme, e che imprenditori, lavoratori ed artisti non vengano lasciati soli.

Diceva sempre bene sempre Lippi: “la disco oggi è incompatibile con la situazione sanitaria che stiamo vivendo”. Inutile girarci attorno. Il ballo crea assembramento e qualsiasi pensiero si abbia sul virus, qualsiasi sensibilità, è un dato di fatto. Nascondersi sarebbe da falsi e ipocriti. Peggio ancora soffiare sul fuoco, incitare alla disobbedienza, strategia che diventerebbe un boomerang. Se ne son accorti molti clienti che mi hanno scritto. Mi ha stupito che fossero giovani. E noi stessi dj facciamo la differenza e veniamo acclamati in una pista e da un’organizzazione se facciamo ballare o meno la gente. Come risolvere questo dilemma? 

Oggi come oggi, gestire il pubblico è impossibile. Come dire ai clienti “non ballate e distanziatevi”, quando la disco di per sé è questo, ballo, socializzazione, incontro, abbraccio, strusciamento?

Ecco perchè bisogna fare un salto di qualità. Non possiamo con il nostro interesse particolare e momentaneo mettere a rischio neanche lontanamente il futuro, oltre che del paese, dello stesso mondo della notte, specie quando capiamo che ogni errore sarà oggetto di campagne di stampa contro, di giornali affamati di click e poca conoscenza del problema, di opinione pubblica col dente avvelenato.

Bisogna essere oggi un po’ meno attaccati al momento e più lungimiranti. La disco non è più la stessa. La gente, anche quella che ama la disco, non è (sempre) la stessa. L’opinione pubblica non è la stessa. Ogni errore si paga, anche strategico e politico, anche fatto in buona fede.

E’ stata un’occasione perduta, posso dirlo? Per dare un’immagine diversa, per far emergere il bello della categoria. E ci siamo dentro tutti, ci mancherebbe. Nessuno nega che fosse arduo se non impossibile vincere questa battaglia in un campo fangoso con le regole – impossibili e assurde – come il distanziamento arrivato fino ai due metri. Siamo seri, come era possibile rispettarle? Forse si doveva restare chiusi con indennizzo, forse sarebbe stata miglior strategia, che andare in pasto ai leoni.

La disco deve darsi una mossa e cambiare passo. Non si può più vivere a metà pensando di trovare escamotage o soluzioni miracolose. Questo “apri e chiudi” continuo sarà la colonna sonora dei prossimi mesi, sempre più incerti, di un Paese dove cultura e istruzione sono ugualmente ferme, dove la sanità è ancora nel caos e spesso fare una visita specialistica comporta tante attese. Un paese che, volenti o nolenti, ha sofferto e in cui tanti hanno paura. Neanche questo si può dimenticare. E noi dovremo adeguarci a questo strano e nuovo ritmo, una occasione di svolta.

P.s. Un pensiero particolare va a tutti i lavoratori del mondo della notte che oggi sono in difficoltà.

Il canale Youtube Tixi è ora online, vai a visitarlo!

Dopo alcuni mesi di gestazione, il canale YouTube Tixi è online. Un progetto avviato nel 2016 che ha visto la luce solamente questi giorni, “complice” la quarantena. Un altro modo per utilizzare il tempo prezioso di questo periodo strano, dovuto al coronavirus.

Youtube è una piattaforma che non ho mai frequentato se non negli ultimi anni, ma da utente. E ora voglio pian piano ritagliarmi uno spazio provando, come tanti altri, a produrre materiali interessanti.

Tre saranno gli argomenti:

  • MAKE SOME NOISE! la mia attività da DJ musica, con alcuni djset e mixati liberamente ascortabili, molti dei quali sono le repliche della mia trasmissione Sardinia Make Some noise su Radio Sintony.
  • OGGI COME VA? interviste a persone, esperti, professionisti o qualcuno che abbia da raccontare una storia interessante.
  • I VIAGGI, piccoli reportage di qualche meta, città o località che ho visitato!

Vi aspetto su Youtube, per vedere altri video, commentare e interagire.

Grazie in anticipo del supporto!