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Altri Capodanni, altri tempi

Se ci pensi un tempo il 31 mattina era dedicato alle mitiche spesone nei centri commerciali dove riempivi il carrello di ogni ben di Dio possibilmente alcolici a poco prezzo e schifezze varie da mangiare che per 7 giorni intasavi gli scarichi. Però uscivi dal market come un trionfatore per aver trovato il vino pugliese a 1500 lire, le birre burde o le patatine pacco extra con olio a chili.

Lista invitati: rapporto donne uomini una a cinque (peraltro già fidanzata e leggia). Poi c’era la casa da cercare, quasi sempre una villetta fredda a casinu’e pompu, con polvere a chili, allergie dietro l’angolo e letti a castello, l’amico che comprava petardi, quello che ci aveva sempre il fumo buono e la scorta di cocco, Risikone e Trivial, mettevi le cassettine di hit mania dance nel radione Innohit pesante come un bilanciere e la musica era fisso accesa e pure a manetta. Mangiavi bistecche malcotte a colazione e tornavi allo stato brado.

Si chiamava libertà, e ti bastava davvero poco per essere felice.

Oggi, il 31 stai ancora lavorando per chiudere i conti con l’anno e combattere la maledetta crisi che non ti permette mai di stare sereno. Non sai davvero se diventare grande, come volevi, avere una tua attività e autonomia, sia stato meglio o peggio di divertirti con Be my lover di La Bouche

Nevica, governo ladro!

 

(nella foto, il maestro Canello, simbolo del capodanno fantozziano)

La grande roccia e tante estati fa

Mi piace spesso tornare nei luoghi della mia infanzia, cercare indizi e qualcosa che mi riallacci a quel tempo perduto, istigare la mente e il cuore a frugare nei ricordi.

Così decido oggi di passare per Villagrande, un’estate calda di molti anni fa eravamo venuti qui con la mia famiglia. 
Per intenderci, ero in prima elementare, alla radio impazzava ‘Chi fermerà la musica’ dei Pooh!

Tempi lontanissimi, quasi antichi.
 Immaginatevi l’emozione della prima vacanza fuori casa.
Alloggiavamo in una piccola casa che dava sulla grande vallata. Si vedeva la diga, in lontananza si vedeva il mare. La sera le luci creavano un’atmosfera magica. La mattina si faceva la spesa in paese e ricordo il sapore tenero del carasau, che assaggiavo per la prima volta. 
E proprio qui c’era una grande roccia dove io e papà ci arrampicavamo ogni mattina per restare a parlare.

Il nostro piccolo e grande rifugio quotidiano.

Ed ora sono di nuovo qui, sotto la neve, nel silenzio e nella solitudine dell’ora di pranzo, a cercar ancora qualcosa di me.

Cosa resta di un viaggio

Tornando in Europa (sembra uno scherzo ma è vero) mi coccolo al calore del salone del traghetto tra Uskudar e Eminonu che attraversa il freddo Bosforo, penso che questo posto con i suoi colori e profumi e la sua straordinaria umanità mi mancherà.

Perché non sono i monumenti a fare un viaggio, o i percorsi turistici, o vai là e poi qua e mi raccomando (chissenefrega alla fine), le cartine e gli itinerari dove incrociare italioti rumorosi, non mi entusiasma quasi nulla. Restano le sensazioni che provi, i ricordi che ti porti a casa quando riguarderai le foto o vedrai in tv queste immagini che hai la fortuna, oggi, di godere dal vivo.

 

 

 

Le scale dello Stadio Sant’Elia

La prima é andata, con tanta emozione.
Chissà se ne seguiranno ma va bene.
Certo, la vita è strana e quando te lo aspetti ti regala soddisfazioni inattese come quella di fare lo speaker in uno stadio, davanti a tante migliaia di spettatori, in una gara di caratura nazionale (c’era Cagliari-Catania). Soddisfazioni che ripagano tanto lavoro a dispetto di chi ha smesso di credere in te.

Ma è strana perchè ti fa tornare in un posto quando meno te lo aspetti, un posto che pensavi aver perduto, come lo stadio e con la squadra della tua città. L’emozione più grande, prima ancora di leggere le formazioni stando attento a nomi e numeri, è stata salire gli scalini del secondo anello e tornare indietro nel tempo, ricordarmi quante volte ho fatto quelle stesse scale con mio padre, dalla prima volta, un cagliari-inter del lontano ’81/82. Altri tempi, altri mondi, domeniche allo stadio, quante. E guai a non andarci. L’infanzia.
Poi ci fu il tempo della curva, delle trasferte, di un amore tradito.

“Gli amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, cantava Venditti.

Ecco, questa serata speciale la dedico a mio padre, a tutto il tempo passato, quel che mi ha dato e forse solo oggi l’ho capito. Perchè si è quel che si è grazie anche a chi pazientemente ti è stato vicino.

Da lassù sarà certamente sarà felice di sapere che suo figlio ha risalito quelle scale, ha raggiunto un piccolo sogno, anche se dovesse durare solo questa notte.

E grazie ancora al Cagliari calcio e a radio Sintony.

Ps il cagliari ha vinto!

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Le scale dello Stadio Sant'Elia

La prima è andata, con tanta emozione.
Chissà se ne seguiranno altre, ma va bene.
Certo, la vita è strana e a volte ti regala soddisfazioni inattese come quella di fare lo speaker in uno stadio, davanti a tante migliaia di spettatori, in una gara di caratura nazionale (c’era Cagliari-Catania). Soddisfazioni che ripagano tanto lavoro a dispetto di chi ha smesso di credere in te.

Ma è strana perché ti fa tornare in un posto quando meno te lo aspetti, un posto che pensavi aver perduto, come lo stadio e con la squadra della tua città. L’emozione più grande, prima ancora di leggere le formazioni, stando attento a nomi e numeri, è stata salire gli scalini del secondo anello e tornare indietro nel tempo, ricordarmi quante volte ho fatto quelle stesse scale con mio padre, dalla prima volta, un Cagliari-Inter del lontano ’81/82. Altri tempi, altri mondi, domeniche allo stadio, quante. E guai a non andarci. L’infanzia.
Poi ci fu il tempo della curva, delle trasferte, di un amore tradito.

“Gli amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, cantava Venditti.

Ecco, questa serata speciale la dedico a mio padre, a tutto il tempo passato, quel che mi ha dato e forse solo oggi l’ho capito. Perché si è quel che si è grazie anche a chi pazientemente ti è stato vicino.

Da lassù sarà certamente sarà felice di sapere che suo figlio ha risalito quelle scale, ha raggiunto un piccolo sogno, anche se dovesse durare solo questa notte.

E grazie ancora al Cagliari calcio e a radio Sintony.

Ps: il Cagliari ha vinto!

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Serate mondiali

La cosa più bella delle partite della Nazionale è il ricordo nel tempo di quelle calde serate davanti alla tv, di cosa facevamo, di dove eravamo e con chi.

Dove eri quando l’Italia vinceva i mondiali del 1982? E per Italia 90 quando Schillaci aveva i suoi occhi spiritati? Hai pianto anche tu come Baresi a Usa94? E all’ultimo mondiale?

Purtroppo inconsapevolmente affiorano nostalgie, luoghi e persone che non ci sono più ma peggio ancora l’idea che il tempo passi e non torni più.

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L'aroma di un caffè di ieri

A volte la vita ti offre dei piccoli aneddoti che non scordi.
Basta un profumo, come ora, qui nella casa al mare, e ti agganci a una sensazione vissuta mesi fa.
L’alluvione, quelle giornate tristi. Tra le scene che mi ricordo, oggi mi è tornata in mente (ogni tanto risalgono dei flashback) una signora di mezza età a Uras, piccolo paese dell’Oristanese, dove andai a prestar soccorso.

Vestita di fortuna, con la casa sporca di acqua e fango, mentre i volontari pulivano la sua roba, i suoi mobili, la cantina, non sapeva come sdebitarsi.
Allora quel giorno preparò a metà pomeriggio un caffè, in quei servizi che trovi in mostra dietro i vetri nelle credenze delle case di paese, pronti per le migliori occasioni.
Lo portò e sull’uscio di casa cominciò a chiedere chi ne volesse.
Era un caffè caldo, che nella sua semplicità raccontava il suo immenso grazie.
Non me lo dimenticherò mai.

L’aroma di un caffè di ieri

A volte la vita ti offre dei piccoli aneddoti che non scordi.
Basta un profumo, come ora, qui nella casa al mare, e ti agganci a una sensazione vissuta mesi fa.
L’alluvione, quelle giornate tristi. Tra le scene che mi ricordo, oggi mi è tornata in mente (ogni tanto risalgono dei flashback) una signora di mezza età a Uras, piccolo paese dell’Oristanese, dove andai a prestar soccorso.

Vestita di fortuna, con la casa sporca di acqua e fango, mentre i volontari pulivano la sua roba, i suoi mobili, la cantina, non sapeva come sdebitarsi.
Allora quel giorno preparò a metà pomeriggio un caffè, in quei servizi che trovi in mostra dietro i vetri nelle credenze delle case di paese, pronti per le migliori occasioni.
Lo portò e sull’uscio di casa cominciò a chiedere chi ne volesse.
Era un caffè caldo, che nella sua semplicità raccontava il suo immenso grazie.
Non me lo dimenticherò mai.

Vivarium, che ricordi

Ieri sono tornato in uno di quelli che ho definito tempo fa “i luoghi del cuore”. Uno di quei posti che rappresentano una tappa importante della tua vita.

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