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Una promessa d'amore (New York)

“E’ una delle mie città” ho subito pensato quando sono atterrato. Mai l’avrei detto. E come per tante cose ho cambiato idea. Quante idee ho cambiato con gli anni? Dicono che sia immaturità o incoerenza o forse è semplicemente normalità.

In effetti New York è un po’ un’amante infedele, perché è “la mia città” di molti. In tantissimi mi scrivete che avete lasciato il cuore. Che sentite che appartenete a New York. Che sembra come se ci aveste sempre vissuto.Anche per me è un po’ cosi.

Sarà dura ripartire tra qualche giorno, son sicuro che New York mi infrangerà il cuore parecchie volte e mi farà versare forse qualche lacrima, ma alla fin fine sarà sempre la mia, la vostra, New York.

(questo per ringraziarvi di mail, messaggi e consigli)

Harlem, New York

Dov’eravamo rimasti? Ristorantino ad Harlem. Nulla di che, ma quanto basta per curare le ferite dell’anima. Condivido la mia solitudine con una coppia triste, due reverendi in tenuta d’ordinanza e tre ragazze visibilmente lesbiche. La tovaglia è biancorossa, il cameriere è un signore distinto con camicia azzurra e cravatta fantasia.
Tiene il notes delle ordinazioni sul taschino, vuol parlare italiano ma io nulla. Col cazzo. Io parlo inglese. Male ma parlo. Niente italiano. Deleted.
Poi c’è un musicista classico, solo come me, un po’ pazzo, che apprezza la mia ordinazione (un roasted chicken) e la commenta: lE’ il mio piatto preferito!” Io accetto la sfida e rispondo che difenderò il mio pollo “until my death”. Sorridiamo. Iniziamo a chiacchierare: chiedo scusa se faccio il dj e gli racconto che NY mi ha preso il cuore. Lui mi tranquillizza: tutti e due maneggiamo musica e “tu hai la forza di far muovere la gente con la dance”. Quanta umiltà! Poi mi sottolinea: occhio che NYC ti ruba il cuore, e non te ne vai più. Prenderò con attenzione questo consiglio…ho timore che ci lascerò un pezzo di cuore. Che andrò via con rimorsi. Quando dopo ventiquattr’ore ti senti a casa significa qualcosa. Sarà per il vino che sale nelle vene, sarà l’amore per i viaggi.
Quanto è bello essere lontani. Puoi scrivere storie e nessuno si sente offeso come a casa mia. Gente piccola. Bellissimo. Morire e risorgere in una notte ad Harlem. Pochi capiranno il senso.

Operazione New York

Tutto comincia così, aeroporto, saluto una nuova amica, Cinzia, il controllo bagagli e poi un cappuccino con una meritoria pasta sapore cioccolato. Ancora un caro amico incrociato, Mario, stesso volo, l’emozione e la palpitazione di un viaggio (solo ieri ho connesso) sembra per un attimo svanire. 

Imbarco per Milano, non mi infilo in coda, respiro e aspetto. La gente parla piano. Una cameriera del bar spinge un carrello, si chiama Paola, lo leggo in targhetta. Si allontana verso il duty free. Un uomo spinge un bagaglio con le gambe. Poi è tutto storia da scrivere. Un nuovo viaggio, New York. Scalo a Milano, giusto per passare in un posto del cuore. 

New York, non è un caso che…

Il viaggio si avvicina. Pericolosamente. Il caso vuole che sarò a New York il giorno del voto di una delle sfide presidenziali più incerte di sempre, Clinton-Trump, con un alto rischio attentati terroristici e attacchi hacker.

Essere testimone di un pezzetto di storia è una sensazione davvero particolare, pochi forse possono comprendere cosa vuol dire esserci, vedere, provare un fatto, un luogo, un avvenimento e non solo leggere e vedere in tv. La condanna di vivere tagliati fuori dalla storia, purtroppo.