Posts tagged giovani

DJSET Lido!

Stasera 🎧DJSET @ Lido!!!
La squadra è pronta? (Come sempre avrò dimenticato qualcuno nei tag)

Tixilife

Mal di schiena regolare post DJ set, primo weekend di scuole chiuse e venerdì in Darsena, tra musiche, suonatori di bonghi, chitarre, pischelli in uscita libera, bolidi di passaggio, profumi di cannabis e bottiglie sparse. Il motorino mi attende parcheggiato a due passi.
Domani parto e quasi mi dispiace andarmene. Queste notti parlano di me, più di quanto pensi. È come essere a casa senza averci mai vissuto, è amore della novità che rassicura più delle certezze, è insoddisfazione tale da renderci vivi. #tixilife

 

Manchester

Quando la violenza colpisce un posto che hai visto e anche un luogo di giovani e musica non può che essere un mattino triste.

Manchester ❤️

Lo sport come attività sociale

Ci sono dirigenti e allenatori sportivi che hanno una passione e una disponibilità per cui dovrebbero riservare una medaglia d’oro al valore civile. Tolgono i ragazzi dalla strada, li accompagnano agli eventi, dedicano tempo e attenzione, li educano, magari pure nei piccoli centri di provincia, molto spesso sostituiscono le famiglie.
Non è forse un’attività sociale? Quando sento che si tagliano i fondi per lo sport perché sarebbe “divertimento e svago” rabbrividisco di fronte a tanta stupida miopia.
Ecco, il loro è un lavoro prezioso che non bisogna mai dimenticare.

Viaggia e non aver paura

Condivido un post di Giulia Crisanti, studentessa viaggiatrice. Bellissime parole pubblicate qualche giorno fa sul suo profilo facebook.

“Oggi voglio raccontare un piccolo pezzo della mia storia che, più che solo mia, è di tutti quanti.

Ho 21 anni. Faccio parte della nuova generazione. Quella della tecnologia, dell’Erasmus, dei sogni, del futuro. Ma anche quella, ahimè, della violenza.
Di questo maledetto terrorismo.
Una generazione che lo vive in maniera forte, oserei dire pressante, non alla nostra portata. È un qualcosa di superiore, di più alto, ma non voglio dire di più forte.
Se c’è una cosa che mi riprometto ogni volta che ascolto le notizie di un nuovo attentato è: non avere paura. Mi ripeto di continuare a vedere il mondo, tutto il mondo, come casa mia.
Mi ripeto di non smettere di volerlo scoprire tutto, in tutti i suoi luoghi, anche in quelli che “forse questo non è il periodo adatto, è pericoloso“. Ma come si può parlare di periodo adatto? Se non ora, quand’è il periodo adatto?
Ci è stato dato poco tempo in questa vita, non possiamo limitarlo ulteriormente. Io non rinuncio e non rinuncerò mai a viaggiare.
Però devo confessarlo: un mese fa mi sono trovata ad attraversare l’Europa in treno e per raggiungere Amsterdam era previsto uno scalo in due delle città più “temute” del momento: Parigi e Bruxelles.
Ad alcuni viene un brivido soltanto a sentirle nominare. Per una serie di coincidenze e ritardi, ho rischiato di perdere il treno e di rimanere “bloccata” una notte a Bruxelles. Ed in quel momento… sì: ho avuto paura. Una paura fottuta e assolutamente irrazionale. Viva, sulla pelle. Una paura invadente e pietrificante.
Ciò che mi ha infastidito di più è che quella sensazione, quell’emozione e quella frustrazione non erano mie. Niente era mio. Appartenevano a loro, completamente. E allora voglio lanciare un appello. Più che appello è un sogno.
Per alcuni sarò incosciente, per altri ribelle, per altri ancora pazza, ma non bisogna mollare. Non ora.
Voglio rivolgermi a tutti, ma soprattutto alla mia generazione, e dire: non abbiate paura. Dobbiamo avere il diritto di sentirci a casa sempre e ovunque, che sia Francia, Italia, Siria, Turchia, Germania. Non importa. Non dobbiamo usare i guanti, non proteggiamoci.
Siamo tutti UNO.
Noi giovani, in particolare, siamo il presente ed il futuro di questo mondo che, hanno ragione i nostri nonni, è nelle nostre mani. Se rinunciamo, se stiamo fermi, se ci facciamo condizionare, sarà sempre meno nostro e sempre più loro.
Sarà pure un’utopia, ma io sogno un mondo senza questa paura. Perché non importa dove si vive, quel Paese così lontano può essere casa mia e casa tua. Casa nostra. Quel Paese può essere un’opportunità che nessuno deve toglierci.
Il Mondo adesso ha bisogno di noi, ha bisogno del nostro amore. Facciamolo girare, condividiamolo, facciamoci sentire. Impariamo ad amare, nonostante tutto. Sempre di più, con tutta la forza che abbiamo.
Perché è l’unica arma a nostra disposizione. E no, non può vincere questa maledetta paura.

“Voglio stare tra gente che sogna”

Giorni fa un ragazzo mi ha mandato questo messaggio “Voglio stare tra gente che sogna, tra gente che ha progetti e prospettive, ne ho abbastanza del posto dove vivo”.
Pensavo fosse uno scherzo poi ho capito che raccontasse il disagio di tanti come lui che si sentono forse imprigionati dalla propria realtà e ambiente e di non realizzare nulla nella vita. Che non trovano risposte, ascolto, ganci a cui appigliarsi. Sono più di quanto pensiamo. Nascosti anche tra i sorrisi, le foto al mare e le frasi fatte di facebook.
Purtroppo.

Che rispondere? Non esiste una soluzione. Sarebbe troppo facile dire “prendi e parti”. Oppure studia, poi trovi lavoro. Oppure sogna.
Insomma, ti senti nella situazione in cui non hai ricette pronte e devi solo ascoltare. E ti chiedi: perché tanti non hanno diritto alla felicità e al potersi realizzare?

Idee originali e geni incompresi

Per la mia professione partecipo spesso ad incontri e seguo con attenzione i dibattiti e le riflessioni che scaturiscono. Ultimamente si parla molto spesso di creatività, innovazione, digitale e idee. Idee, che parola interessante.

Stamattina sono stato all’incontro sulle azioni dell’Agenda digitale in Sardegna. Sono stati invitati i ragazzi di un istituto di Oristano il cui corso di studi è incentrato sull’informatica.

Dopo gli interventi dei relatori, il conduttore stimola il dibattito e chiede ai ragazzi presenti: “Scrivete le vostre idee su un post-it, tutto ciò che pensate legato ai temi dell’innovazione”. Risposta di uno studente: “Se le scrivo, poi me le rubano”. Si apre la discussione. Con interessanti risvolti.

Poi penso: quanti di questi ragionamenti sentiamo? Il vicinato, la gelosia, eccetera. Ecco che ho voglia di scrivere qualcosina.

Premesso che il furto d’idee purtroppo è diffuso, l’etica e il rispetto sono carta straccia, figuriamoci la promessa verbale e la mano stretta, siamo sicuri che questo modo di pensare sia giusto? Che poi alla fine esista davvero un furto d’idee?
Siamo circondati, specie in Sardegna, da gente con idee originalissime. Creativi non ascoltati, geni incompresi dotati di idee talmente originali e innovative che si tengono gelosamente nascoste e poi muoiono con loro. Poi succede che qualcuno le realizzi prima di loro, e si lamentino. Gli accozzati! I copioni! Ma loro, che avevano mai fatto?

Ricordo un bellissimo ragionamento di Maurizio Goetz che lo sottolinea spesso nei suoi incontri con Andrea Rossi: tante lampadine, quante restano accese dopo un po’ di tempo?

Conta chi fa, non solo chi pensa. Di gente che lancia idee siamo pieni fino alla nausea, di geni incompresi e lamentosi pure. Ma anche di copiature e di fine-idee vendute come originali solo perchè hanno un nome in inglese, una grafica e due foto.
Di gente che fa, investe, innova, forse un po’ meno.

Altri Capodanni, altri tempi

Se ci pensi un tempo il 31 mattina era dedicato alle mitiche spesone nei centri commerciali dove riempivi il carrello di ogni ben di Dio possibilmente alcolici a poco prezzo e schifezze varie da mangiare che per 7 giorni intasavi gli scarichi. Però uscivi dal market come un trionfatore per aver trovato il vino pugliese a 1500 lire, le birre burde o le patatine pacco extra con olio a chili.

Lista invitati: rapporto donne uomini una a cinque (peraltro già fidanzata e leggia). Poi c’era la casa da cercare, quasi sempre una villetta fredda a casinu’e pompu, con polvere a chili, allergie dietro l’angolo e letti a castello, l’amico che comprava petardi, quello che ci aveva sempre il fumo buono e la scorta di cocco, Risikone e Trivial, mettevi le cassettine di hit mania dance nel radione Innohit pesante come un bilanciere e la musica era fisso accesa e pure a manetta. Mangiavi bistecche malcotte a colazione e tornavi allo stato brado.

Si chiamava libertà, e ti bastava davvero poco per essere felice.

Oggi, il 31 stai ancora lavorando per chiudere i conti con l’anno e combattere la maledetta crisi che non ti permette mai di stare sereno. Non sai davvero se diventare grande, come volevi, avere una tua attività e autonomia, sia stato meglio o peggio di divertirti con Be my lover di La Bouche

Nevica, governo ladro!

 

(nella foto, il maestro Canello, simbolo del capodanno fantozziano)

Non è un’isola (dei) per giovani

La Sardegna non è un’isola per giovani.
E’ forte il potere degli ultrasessantenni in ogni angolo della vita pubblica.
Specifico: questo post non vuole essere un attacco alla terza età e a tutto il prezioso patrimonio di storie e testimonianze che può dare.
C’è un’altra trza età.
Il problema non è la carta d’identità, ci mancherebbe, ma la forma mentis: di questi, chi si è laureato o ha sviluppato qualcosa di importante (un’impresa, uno studio) detiene potere e soldi e vede negativamente qualsiasi svolta, qualsiasi giovane e la parola futuro.
Pensa che il suo ciclo duri in eterno. Che l’isola morirà contemporaneamente al suo passaggio a miglior vita.
Poi ci sono molti anziani che grondano di ignoranza e luoghi comuni appresa da televendite, chiacchiere da vicinato e giornale. Che reiterano idee e comportamenti senza una base razionale. Sono fermi ancora al “no perchè è no” anche di fronte all’evidenza.

Che isola ereditiamo? Un disastro.

Nessun passaggio di testimone tra generazioni, nessun filo di Arianna prezioso per guardare il futuro: troppo chiuse e presuntuose quelle vecchie, spesso incapaci e smidollate quelle giovani. Senza pensare ai tanti giovani che già a vent’anni sono vecchi (io ne ho visto tanti…).
Nascono in pochi pochi, mortalità zero, e i migliori se ne vanno, non senza qualche lacrima: resta chi ha voglia di soffrire, ma anche i mediocri, i neet, incollati nelle sedie delle facoltà, parcheggiati in qualche bar (guarda i paesi), schiavizzati da qualche lavoretto per pagarsi la serata in disco o il sogno di diventare “quelli della tv”, senza arte nè parte.

Se chiedete al ragazzo di oggi i suoi sogni, cosa farà da grande, o non vi sa rispondere o vi dice che aspetta una bella macchina. Questo è il sogno ricorrente. Forse anche quello di ieri. Non una sicurezza lavorativa, non un futuro. Non sanno cosa fare.
Se poi pensi che le famiglie più prolifiche sono quelle gagge (guarda le spiagge), fatti due conti e capirai cosa succederà a breve…

Non si chiedeva poi tanto: indicare una strada e dare ai propri figli anche l’opportunità di sbagliare. Invece nulla.

Un’altra occasione perduta e forse una condanna a morte per un’isola senza futuro.
(Nel caso non si fosse capito non è un’accusa agli anziani quanto a certa terza età che non ha minimamente a cuore il futuro di questa terra)

Non è un'isola (dei) per giovani

La Sardegna non è un’isola per giovani.
È forte il potere degli ultrasessantenni in ogni angolo della vita pubblica.
Specifico: questo post non vuole essere un attacco alla terza età e a tutto il prezioso patrimonio di storie e testimonianze che può dare.
C’è un’altra terza età.
Il problema non è la carta d’identità, ci mancherebbe, ma la forma mentis: di questi, chi si è laureato o ha sviluppato qualcosa di importante (un’impresa, uno studio) detiene potere e soldi e vede negativamente qualsiasi svolta, qualsiasi giovane e la parola futuro.
Pensa che il suo ciclo duri in eterno. Che l’isola morirà contemporaneamente al suo passaggio a miglior vita.
Poi ci sono molti anziani che grondano di ignoranza e luoghi comuni appresa da televendite, chiacchiere da vicinato e giornale. Che reiterano idee e comportamenti senza una base razionale. Sono fermi ancora al “no perché è no” anche di fronte all’evidenza.

Che isola ereditiamo? Un disastro.

Nessun passaggio di testimone tra generazioni, nessun filo di Arianna prezioso per guardare il futuro: troppo chiuse e presuntuose quelle vecchie, spesso incapaci e smidollate quelle giovani. Senza pensare ai tanti giovani che già a vent’anni sono vecchi (io ne ho visto tanti…).
Nascono in pochi, mortalità zero, e i migliori se ne vanno, non senza qualche lacrima: resta chi ha voglia di soffrire, ma anche i mediocri, i neet, incollati nelle sedie delle facoltà, parcheggiati in qualche bar (guarda i paesi), schiavizzati da qualche lavoretto per pagarsi la serata in disco o il sogno di diventare “quelli della tv”, senza arte né parte.

Se chiedete al ragazzo di oggi i suoi sogni, cosa farà da grande, o non vi sa rispondere o vi dice che aspetta una bella macchina. Questo è il sogno ricorrente. Forse anche quello di ieri. Non una sicurezza lavorativa, non un futuro. Non sanno cosa fare.
Se poi pensi che le famiglie più prolifiche sono quelle gagge (guarda le spiagge), fatti due conti e capirai cosa succederà a breve…

Non si chiedeva poi tanto: indicare una strada e dare ai propri figli anche l’opportunità di sbagliare. Invece nulla.

Un’altra occasione perduta e forse una condanna a morte per un’isola senza futuro.
(Nel caso non si fosse capito non è un’accusa agli anziani quanto a certa terza età che non ha minimamente a cuore il futuro di questa terra).