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Reggaeton e museo di Dalì

Accade una cosa curiosa mentre mi allontano dalla casa di Dalì e dal suo mistero della creatività.

Mi attraversa un ritmo incessante che arriva forse da una macchina. Musica reggaeton, ci metto un attimo a capirlo.

Mi fermo ancora al piccolo bar Llevante, sperando di ritrovare un po’ dell’atmosfera della casa di Dalì. Bevo un altro caffè, osservo le persone che passano: figli che seguono i genitori con volti dimessi dall’obbligo di vedere il Museo, turisti con i cellulari, donne che chiacchierano tra loro spalmandosi creme protezione 50. Tutti sembrano immersi nei loro mondi e il contrasto tra l’arte e la musica moderna mi fa riflettere sulla diversità.

Il reggaeton mi suona stridente, come se un granello di sabbia fosse entrato in un delicato meccanismo orologiero, alterandone il ritmo. La voce acidognola del cantante, piuttosto che evocare un’atmosfera festosa, si intromette con l’aura magica e eccentrica della casa di Dalì.

Tornando con la mente al labirinto di stanze e ai quadri surreali, quel suono diventa un fastidioso ronzio, quasi un’irruzione brusca nella serenità.

Mi chiedo se la stessa irritazione che provo in quel momento sia la stessa che Dalì avrebbe sentito, lui che aveva cercato in ogni modo di sfuggire alla banalità e alla monotonia della vita quotidiana attraverso la sua arte.

Come avrebbe reagito? Forse avrebbe sorriso, apprezzando il contrasto? Forse avrebbe urlato dalle finestre della sua dimora “spegnete quella schifezza”? O forse avrebbe dipinto un quadro, unendo i due mondi in un’opera d’arte?

Devio mio percorso lungo una strada laterale, sperando che il suono si attenui. Ma, nonostante la mia avversione momentanea, rifletto sul fatto che, proprio come l’arte di Dalì, anche quella canzone reggaeton è un prodotto della creatività umana, una manifestazione di un’epoca e di una cultura figlia dei nostri tempi. E, proprio come l’arte, anche la musica ha il potere di evocare reazioni viscerali, di piacere o di disappunto.

Forse semplicemente basta allontanarsi, come faccio, per non esserne avvolti senza sentirsi in dovere di giudicare. Camminare per la strada e incontrare la beatitudine di una chiesetta semplice, Ermita di Sant Baldiri, dove unartista sconosciuto espone le sue foto immerse nella nebbia e vicino c’è un piccolo cimitero che guarda il mare.

Forse è sempre e solo questione di movimento.

Gratitudine di fine estate (da dj)

Gratitudine.

Sì, l’estate non è finita.

Ho due ore di ritardo di volo, biglietti del pullman bruciati e non ho capito bene a che ora arriverò in Spagna.

È stata una stagione musicale potentissima.

Ancora non ci credo ma la metto tra migliori della mia oramai lunga vita da dj. Tantissime serate, eventi, festival e due dischi usciti su Spotify.

Penso alla stranezza della vita come il cuore che provo a fare per questa foto, attirandomi – giustamente – i sorrisi e le ironie di chi mi sta vicino di posto. Ci rinuncio, non riesco a farlo bene.

Questo cuore è come me, imperfetto e incerto, asimmetrico e tutt’altro che memorabile. Il cuore di chi prova a far quadrare le cose e mentre si architetta a cercare una perfezione che non raggiunge mai poi le cose vanno.

Todo se cumple, lo dico spesso.

L’importante è il senso. Significa amore e gratitudine.

Sono arrivate tante belle cose che hanno lenito i dolori delle mancanze.

Grazie a chi c’è stato, ieri come oggi, sotto la

consolle a ballare o in qualche locale ad ascoltare i miei djset, ma anche a chi solamente mi ha supportato con tanto affetto.

A presto! 🫶

Grazie in particolare

Bacàn Club Nautico Chia Palazzo Doglio Sunshine Rey Costa Rei Sardegna Maiori Villasimius Porto Turistico Calasetta Soul Club Saia

L’illusione (perché te lo fanno credere) che tu non valga

Nell’intricato mondo della vita moderna, navighiamo nell’illusione di abbondanza gratuita che ci circonda.

Concerti senza biglietto, promozioni e sconti che sembrano infiniti, pranzi a 5 euro, scaffali con oggetti a 0,99 euro, i “primi dieci gratis”. E poi ancora “di gente che scrive ne trovo tanta” “ho la fila davanti” “la musica è sempre uguale”tutto sembra suggerire che il valore e la qualità sia diventato un concetto sfumato. Tuttavia, mentre attraverso questo labirinto, riaffermo le parole di Nietzsche, ‘Il valore non è ciò che si può avere, ma ciò che uno può dare.’

Ricordo tempo fa la sfida della pizza: se te la mangi hai diritto a un mese di pizze gratis. Immaginavo che costo avesse quella pizza, che valore attribuisse e che cosa attirasse e producesse quella sfida. Quando vado davanti a un locale che propone svendite o sento, come è accaduto da poco, qualcuno scontare da 300 a 99 euro un servizio mi vengono in mente mille riflessioni.

La mia scrittura e la mia musica sono passioni preziose coltivate con pazienza, studio e migliaia di esperienze. Hanno richiesto tempo, dedizione e impegno, ingredienti che, come ricorda Nietzsche, attribuiscono loro il valore.

È una sfida costante dare valore a queste creazioni senza svalutarle – ma anche al tempo che perdi dando consigli e offrendo contatti – difenderle dal mondo low cost offerta speciale, della mentalità dello svuota tutto, con il desiderio di preservare la profondità e l’autenticità che incarnano.

In questa continua ricerca di equilibrio, ho cominciato ad allenarmi a pronunciare il ‘no’. È durissimo farlo, ma aiuta a migliorarsi e dare di più a chi lo merita.

Ho imparato a concentrarmi sulle collaborazioni che nutrono il mio spirito e che veramente apprezzano il mio lavoro. Quelle per cui posso dare tanto e che possono farmi crescere, evitando di essere ‘buono per tutti e per tutte le stagioni’.

Questo approccio permette di coltivare connessioni significative e di creare qualcosa di straordinario insieme a coloro che comprendono e apprezzano il valore di ciò che offro.

In Sardegna, la mia terra amata, la cultura del ‘mercatino delle pulci’ sembra regnare sovrana, e far vedere il proprio lavoro, anche alle prese con squali e barbari che egemonizzano il mercato o svendendo o investendo in visibilità, è diventato faticoso.

Lavorare senza aziende che ti sponsorizzano, tirare avanti senza organizzazioni e partiti che ti posizionano anche senza fatica e merito in tanti contesti, non accordarsi ad attività con cui non si condivide la filosofia.

Parliamoci chiaro: è facile lavorare se sei immerso nella politica. E’ facile fare il dj se sei dentro un’organizzazione. È facile essere promossi quando si è dentro un importante media. Più complesso- e stimolante – farlo quando sei autonomo e ti devi cercare tu lo spazio senza che nessuno ti regali nulla.

Tuttavia, questo contesto in evoluzione mi spinge ancor di più a dare valore alle mie creazioni e consulenze, a sollevarle dall’anonimato e a cercare coloro che veramente riconoscono il significato intrinseco di ciò che offro.

Affrontare la sfida è trovare collaborazioni vantaggiose per entrambe le parti, dove emerga un ‘win-win’. Imparare che dire ‘no’ non è un atto di arroganza, ma una difesa del proprio profilo e della dignità come lavoratore e artigiano (nel mio caso, delle note e delle parole). È un atto di preservazione che rafforza l’identità e protegge il valore autentico di ciò che offri al mondo. Tenendo sempre saldo che non sarà mai un problema dedicarsi volontariamente e gratuitamente a quei progetti (e persone) e che vogliono essere dono o hanno una prospettiva e diventano investimento.

Mentre continuo a dar voce alla mia scrittura e alla mia musica, mi impegno a dare valore a ciò che creo. Un’opportunità di crescita, una connessione autentica e la possibilità di nutrire lo spirito: queste sono le vie quando attribuiamo il giusto valore alle nostre creazioni, anche in un contesto in cui mostrarle e difenderle può essere sfidante e per alcuni presuntuoso.

Alberto e la sua nuova vita

Alberto è un caro amico conosciuto nel mondo della disco. Uno dei tanti che stanno e stavano là sotto la consolle ogni weekend. Lui ha quasi quaranta anni e ha frequentato quelle discoteche che riempivano i nostri venerdì e sabato tra nei primi duemila. Difficile non conoscersi visto che la notte era un ritrovo fisso di tanti di noi. Fare il DJ è anche questo. Il mondo della notte ti fa incontrare tante anime, tutte con una loro storia da raccontare.

Una sera di diversi anni fa, rientrando a casa, una macchina ha travolto la sua. Uno scontro violentissimo. È successo nel periodo in cui io vivevo a Milano.

Alberto è passato dal rischio di morire e una nuova vita, con dolori, giornate infinite di ospedale e poi casa, tante prospettive diverse e la necessità di dover utilizzare infinite energie, soprattutto mentali. Ogni passo, ogni sforzo, ogni piccolo avanzamento è come un punto prezioso ottenuto in trasferta quando si rischia di soccombere.

Ci siamo ricordati di un caffè preso a Marina Piccola dove mi raccontò i suoi progetti e i suoi sogni, il lavoro che stava facendo e le ambizioni. La musica anche stavolta è stato un mezzo per conoscere la vita degli altri. Quella vita che cambia e allora si deve cambiare anche programma.

Stamattina mi son messo la sveglia presto. Dopo una serata da dj non è mai facile fissare appuntamenti. Ci tenevo a incontrarlo. Mi ha chiesto anche di pubblicare questa foto e scrivere la sua storia. Eccola!

I genitori non si aspettavano la visita, Albi non aveva detto nulla. Si stanno trasferendo in una casa più agevole. Mentre il papà stava sistemando delle scatole, mamma ci ha preparato un buon caffè. Come quella volta, abbiamo chiacchierato dei tempi della disco, del Cagliari e mi ha raccontato candidamente di tutta questa sua nuova vita.

Mi ha detto, con gran lucidità, che bisogna fare i conti con quel che succede senza recriminare troppo. È accaduto, pace, trovare soluzioni e sorridere. Pochi secondi ti cambiano tutto. Godersi la vita senza farsi troppi programmi. Non perdere tempo in inutili discussioni e con persone che non ci apprezzano.

Molti amici son scomparsi, mi ha detto. Non c’era nessuna accusa in quella frase. Lo so bene: per anni non sono riuscito – e faccio fatica tutt’ora – ad andare a un funerale di altri. Fare i conti con il dolore è complicato. Ci mette a nudo. Ci ricorda che la sofferenza ci accompagna sempre, dentro e fuori da noi, e anche se voltiamo lo sguardo e pensiamo che non accada o che accada “solo” agli altri, ecco che ci aspetta dietro l’angolo, mentre passeggiamo spensierati.

Nonostante pensiamo il contrario e viviamo con la presunzione di essere invincibili, non abbiamo controllo su nulla, sul mondo attorno e sugli altri. Il presente è la nostra unica filosofia. Evitare di perdere tempo. Così come evitare di aumentare la sofferenza degli altri e anzi aiutare a lenirla, che la felicità è solo slogan pubblicitario buono a riempirci di illusioni.

DJset, Michela Murgia e tempo che passa

Finisco il mio djset e mi godo le esibizioni degli altri dj e poi ancora degli ospiti.
Carico di adrenalina post prestazione, senza un briciolo di stanchezza nonostante tre giorni in giro, vago per la spiaggia alla ricerca di un punto di gravità permanente. Saluto amiche e amici che non vedevo da anni, curioso tra i volti della gente dall’altra parte della barricata, dopo averli ammirati dalla consolle.
Ringrazio Simonluca, poi Steve Sax e poi Alex the voice. Parlo con Guax di musica dance e Sandrone Murru che mi racconta della sua second life spagnola. E ancora tanti altri amici di consolle che abbraccio, Max, Fabrizio, l’altro Max, Roby, Gianfry. Appare anche Gianni insieme a Vale, poi Garghy e Deca. Sono stanco e non riesco a elencarli tutti.
In consolle sale ora Cristian Marchi. Il sole sta per andar via. Devo a tanti suoi pezzi la mia fortuna da dj. Gli sono grato ancora.
Poi mi allontano, prendo una sedia lasciata vuota, mi metto a guardare il mare. La bandiera è rossa, niente bagni anche perché il vento si è rinfrescato. Poggio lo zaino pieno di roba del viaggio e finisco il mojito.
Ripenso alla vicenda di Michela Murgia che ho appreso con dolore dal giornale, e tutto d’un tratto la leggerezza della musica diventa introspezione e pensiero.
Come si vive sapendo di avere delle grosse possibilità di morire a breve? Quali i pensieri, quali le sensazioni? Ci avete mai pensato? Può accadere a tutti. Forse è per quello che oggi più di ieri e di domani conta godersi solo il presente senza progettare e perdere tempo. Tagliando e sistemando, minimizzando i lamenti e facendo leva sulla volontà personale.

Mi sto aggrappando alla musica e alla scrittura. Lo vedo come atto d’amore verso gli altri. Come l’amore che davvero Ale ha saputo dare fino a quel giorno terribile. Anche la sua parabola aiuta a capire quanto siamo di passaggio e quanto tutto si risolva anche in pochi attimi. A nulla vale prendersela per cose che non resteranno.
La meditazione mi ha insegnato approcci nuovi.
Forse non ho costruito nulla, e se lo pensate avete ragione, ma sono certo di aver provato sempre a vivere come mi piace. Di essermi sbattuto per avere sempre più coerenza tra parole e azioni. E di imparare ad allontanarmi da chi ama mettere i puntini sulle i.
Se siete nel dubbio, non fatevi mai incravattare da un’esistenza che non volete. Mai.

Chilometri di strada, una festa da Dj e Murakami

Torno a casa dopo due giorni in giro per la Sardegna e ho il tempo di recuperarmi la consolle e andare a una bella festa di facce sorridenti. Sì, di quelle dove il ballo vien da sè come normale rito collettivo e liturgico.
Quando rientro, più o meno le tre, c’e Norwegian Wood che a far compagnia alla mia stanchezza accumulata.
Prometto di leggermi le ultime cinquanta pagine e prendo un grande respiro. Mi tuffo!
La scrittura di Murakami riesce a tenerti vivo fino a tardi.

Norwegian wood

Norwegian wood è un romanzo profondo e introspettivo. Un lungo flashback che ripercorre l’adolescenza del protagonista, Toru Watanabe che vive a Tokyo in un collegio universitario.
È andato via di casa per ricominciare una nuova vita, lontana da un passato ingombrante. Nella nuova città fa la conoscenza di personaggi bizzarri che gli apriranno nuove possibilità.
La sessualità viene trattata in modo piuttosto esplicito, coerente al contesto giapponese.
Eros e Thanatos, Amore e Morte. Scontro continuo. La morte è il filo conduttore,
collega tutti i personaggi e impregna la trama di toni malinconici.
A soli 17 anni il suo migliore amico si è tolto la vita. Toru prende così consapevolezza della morte, una consapevolezza che lo accompagna e che diventa il modo con cui trova l’amore.
Attraverso due ragazze: l’innocente Naoko, la tenerezza e la rinuncia, e la vivace e irriverente Midori.

La musica di Norwegian Wood

Non sei ma solo nella lettura: c’è sempre musica, con la presenza soprattutto dei Beatles e la lentezza ritmica della scrittura, le descrizioni accurate di Murakami che fa osservare da vicino le vite di tutti i personaggi.

Le domande di Murakami

Alla fine non ci sono certezze ma altre domande. Bisogna cogliere il tempo e saper scegliere.
“Cerca di pensare che la vita è una scatola di biscotti. […] Hai presente quelle scatole di latta con i biscotti assortiti? Ci sono sempre quelli che ti piacciono e quelli che no. Quando cominci a prendere subito tutti quelli buoni, poi rimangono solo quelli che non ti piacciono. È quello che penso sempre io nei momenti di crisi. Meglio che mi tolgo questi cattivi di mezzo, poi tutto andrà bene. Perciò la vita è una scatola di biscotti.“

Intelligenza emotiva di Daniel Goleman

Ho appena finito di leggere il libro di Goleman. Finalmente, dico, perché la prima volta avevo abbandonato le pagine dopo qualche minuto!

L’ho trovato uno strumento potentissimo per capire molte cose che sentiamo e viviamo, quando parliamo di controllo sulle nostre emozioni.

La parola intelligenza emotiva racconta una possibilità che non sfruttiamo: coltivare al meglio questa abilità, che non ha nulla a che vedere con l’intelligenza che conosciamo, per gestire le nostre emozioni in modo consapevole.

Le emozioni son importanti perché riguardano la nostra vita quotidiana. Esserne consapevoli è un vantaggio per gestire le nostre piccole e grandi crisi e scelte quotidiane

Come ho sempre pensato, e in periodo pandemico qualcuno mi ha pure deriso, i sentimenti contano tanto quanto il pensiero razionale, a volte anche di più. I sentimenti sono indispensabili nei processi decisionali: ci orientano nella (giusta) direzione, dove poi la pura logica si dimostrerà utilissima. Nei casi in cui le decisioni della vita si fanno complesse, gli insegnamenti emozionali che la vita stessa ci ha impartito inviano segnali che restringono il campo della decisione, facilitandola. In pratica, è come se avessimo (anzi abbiamo) due menti distinte: una razionale di consapevolezza e riflessione, e una emozionale, impulsiva e a volte illogica, ma molto potente, che esce fuori quando proviamo dei sentimenti. A noi spetta equilibrarle, senza permettere che l’una violenti l’altra. Di pura razionalità non si vive. E neanche di sole emozioni. Ma ci troviamo (ci siamo trovati) poveri di mente emozionale, consapevolezza, controllo di sentimenti negativi. Incapaci di conservare il nostro ottimismo, di avere perseveranza ed empatia e soprattutto avere attenzione e cura degli altri. E il lockdown ha fatto emergere tutta la nostra brutale incapacità.

Un consiglio? Non perdetevelo!

L’organic house, il genere musicale e la mia strada da DJ

Ho passato il periodo del covid come tanti di voi con estrema difficoltà e disagio e la musica è stata una piccola ancora di salvezza.

Ho ascoltato tantissimi pezzi, ho perlustrato playlist, generi e ambienti nuovi, ho iniziato a mettere in discussione, più che in passato, tutte le mie sicurezze musicali.

Un percorso di svolta che cominciò già al Peek-a-boo nel 2014 quando proposi una playlist completamente nuova. Un funky melodico che poi venne riproposto nel 2017 e 2018 sposandosi perfettamente con il locale.

Il covid è stata un’epifania: da una parte il mondo si fermava, dall’altra qualcosa dentro di me si muoveva. Una sensibilità, la mia, che in questi anni è mutata per la musica e per il mestiere da DJ, ma principalmente per tutto quello che mi circonda. Ed è apparsa una parola che oggi, da quasi tre anni, connota i miei djset. Se la traduci vuol dire “casa organica” o “casa biologica”. Fa un po’ ridere. In realtà la chiave è ascoltarla bene, senza pregiudizi, per capire perché si chiami così: organic o melodic house.

Galeotto fu un fine settimana in Costa Smeralda quando la mia colonna sonora per l’intero viaggi fu la dj e Producer Nora En Pure. Da quel momento scattò la molla.

Galeotto fu (ri)avvicinarmi al pianoforte, stavolta non più ad orecchio come da piccolo, ma studiato con l’umiltà di chi ha troppo da imparare ma non vuole perdere più tempo (grazie maestro Luca Murgia).

Tutto è poi diventato il mio genere musicale di punta di questa mia vita artistica post Covid, che ha trovato anche una casa dove esprimerla, una geniale coincidenza: è iniziata la collaborazione con il Bacan, un bellissimo locale di Cagliari, in Sardegna. E questa coincidenza è diventata il djset del sunset, eventi chiamati dall’amico Marco nella comunicazione “seguendo il sole”. Perché la musica, per come l’abbiamo vissuta e pensata, deve accompagnare il dolce declinare del sole sui monti di Capoterra e dev’essere esperienza e sensazione che si sposa con il luogo e il tempo.

E poi c’è una filosofia che mi accompagna: fare qualcosa che faccia star bene gli altri. Che sia la scrittura o la musica. Che si collega con la mia necessità di riavvicinarmi allo studio da adulto della filosofia, alla pratica meditativa e alla scoperta di nuovi mondi, il Medio Oriente, l’Africa, l’Estremo Oriente, l’Asia. Terreni nuovi e fertili.

Così nei djset ho proposto un suono deep più morbido, etnico e sofisticato.

Un genere che trova la sua perfetta espressione d’estate e quando c’è ancora il sole, in riva al mare, contaminandosi e sposandosi con altri influssi, utilizzando percussioni e strumenti (tradizionali se possibile) in maniera mirata ed effetti morbidi e tenendo i bpm entro i 125.

La musica respira, la cassa, come il basso, non sono mai invasive.

E’ un genere che si balla, mi chiedono spesso? Dipende. Sicuramente trasporta. Contro la frenesia e lo sproloquio della musica moderna è una bella opportunità. Forse è figlia anche di questi tempi. Anzi, certamente. Combattiamo con lo stress e la preoccupazione, la paura di non farcela e un mondo diventato sempre più cinico e caotico.

L’organic house è un toccasana, il respiro profondo, la carezza rassicurante. Chissà che non diventi qualcosa di più di un genere per pochi.

Nessuna lotta, solo dolore. Grazie Gianluca Vialli

(Il mio editoriale di ieri su vere.news)

Articoli e titoli. La parola ricorrente è battaglia. Anzi lotta. Combattenti ed eroi.

E se fosse un banale esercizio retorico? Ecco, si potrebbe anche iniziare a cambiare prospettiva su questa idea di lotta con la malattia che tanto piace e riempie il vuoto.

Nessuna lotta: c’è fortuna, destino e cure. Che alcune volte vanno, altre no. C’è una malattia ed ammalati da curare con mille difficoltà utilizzando tutte le possibilità che la scienza ci offre e con tutte le storture della nostra sanità. Ci son medici in gamba e altri meno attenti.

E‘ una roulette russa che sceglie le persone in maniera casuale, in cui puoi “lottare” quanto vuoi ma non decidi, se non in piccolissima parte, l’esito finale.

La morte fa parte della vita. Come la malattia.Non solo quella fisica, ma anche quella mentale troppo pesso sottovalutata. E fa tremendamente paura. Prima ce ne rendiamo conto, meglio è. E questo rende l’esistenza precaria e temporanea.

Motivo per cui, mi hanno insegnato le perdite, dico no più spesso, non perdo un minuto con persone che non mi arricchiscono e a cui non posso dare il meglio di me, cerco di spendere il mio tempo al meglio, incurante di mode, giudizi, si è fatto così e soloni imbecilli di facebook che commentano le vite altrui.

E riprendo la grande lezione umana di Gianluca Vialli che in una bellissima intervista su Netflix ad Alessandro Cattelan che rivedevo pochi giorni fa: “Non ti devi dare delle arie, ascolta di più parla di meno, aiuta gli altri. (…) Cerco di non perdere tempo, di dire ai miei genitori che gli voglio bene. (…) Mi sono reso conto che non vale più la pena di perdere tempo e fare delle stronzate. Fai le cose che ti piacciono e di cui sei appassionato, per il resto non c’è tempo”

Grazie ancora Gianluca Vialli.

7 Parole per il 2023

Mi piace scrivere. Le parole sono importanti e aprono mondi e sensibilità da percorrere e sentire.

Ne ho tirate fuori sette che potranno guidarci nel nuovo anno

👉Pratica. Niente telento, niente ispirazione, solo duro lavoro e fatica, consapevoli che c’è da spalare fango.

👉Perseveranza. Continua, ripeti il gesto o il processo, anche quando sembrerebbe inutile

👉Bellezza e beatitudine, ricerca incessante, nonostante tutto.
👉Coraggio, per non fermarti alle difficoltà e per prendere le strade complicate.

👉Condivisione, creando buoni rapporti personali, curando persone pronti anche alle camminate in solitaria.

👉Pazienza, silenzio e meditazione, per calmare la rabbia, per chiarire i pensieri.

👉Consapevolezza, del momento presente, ma anche della dura verità: nessuno ti regala nulla. Men che meno chi pensavi dovesse farlo per qualche forma di riconoscenza. Anzi, parti dall’idea che nemmeno quello che hai conquistato è sicuro e che ogni giorno ricomincia la lotta.